Tutta una vita in un messaggio vocale. Il testamento di Reyhaneh Jabbari.

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Il nostro Presidente nazionale ci segnala un articolo comparso sull’edizione on-line del quotidiano cattolico Avvenire.

Reyhaneh Jabbari, 26 anni, è stata impiccata il 28 ottobre scorso, a Teheran, dal regime iraniano per avere ucciso l’uomo che voleva stuprarla. Il 1° aprile, avendo avuto notizia della sua condanna a morte, aveva affidato ad un messaggio vocale le sue ultime volontà.

Purtroppo i suoi organi non sono stati donati, come aveva chiesto alla madre Shole.

Tuttavia, come scrive Antonio Salvio, le sue parole interpellano noi tutti.

29 ottobre 2014

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“Cara Shole,     
oggi ho appreso che e’ arrivato il mio turno di affrontare la Qisas (la legge del taglione del regime ndr). Mi sento ferita, perché non mi avevi detto che sono arrivata all’ultima pagina del libro della mia vita. Non pensi che dovrei saperlo? Non sai quanto mi vergogno per la tua tristezza. Perché non mi hai dato la possibilità di baciare la tua mano e quella di papà? 
Il mondo mi ha permesso di vivere fino a 19 anni. Quella notte fatale avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in un qualche angolo della città e, dopo qualche giorno, la polizia ti avrebbe portata all’obitorio per identificare il mio cadavere, e avresti appreso anche che ero stata stuprata. L’assassino non sarebbe mai stato trovato poiché noi non godiamo della loro ricchezza e del loro potere. E poi avresti continuato la tua vita nel dolore e nella vergogna, e un paio di anni dopo saresti morta per questa sofferenza, e sarebbe finita così.      

Continua … icon da avvenire.it – Il testamento di Reyhaneh Jabbari, 26 anni

 

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