Il pericolo delle trivellazioni sull’acqua di Napoli e della Campania

Il pericolo delle trivellazioni sull’acqua di Napoli e della Campania.

Le acque della provincia di Avellino sono una risorsa  vitale per la Campania, la Puglia, la Basilicata. Gli acquiferi  irpini costituiscono il più grande bacino imbrifero italiano e il terzo europeo.

Cuore pulsante delle numerose falde sotterranee sono le viscere del Terminio e del Cervialto, monti irpini dei Picentini,  da cui scorrono 15.000 litri di acqua al secondo, che danno la vita a 5 milioni di uomini e donne e a tre regioni.

Le acque di Serino con le sorgenti Urciuoli e Pelosi -3000 litri al secondo- vanno a dissetare Napoli e a rendere unici il sapore del caffè e della pizza napoletana.

Su queste risorse vitali incombe ravvicinata la minaccia di trivellazioni petrolifere da parte delle principali multinazionali. L’esperienza ultra ventennale di estrazione petrolifera in  Basilicata, smentisce i saperi rassicuranti di geologi, ingegneri, chimici. L’ENI, la Shell e la Total operano con le tecnologie più avanzate nel mondo, ma ciò non impedisce che l’inquinamento sia multiplo e diffuso: dell’aria, del suolo, delle acque. Le sostanze chimiche  acquose utilizzate per perforare (hydrofracking) restano nel terreno e si infiltrano nelle falde acquifere, inquinandole con materiali tossici:  “Il pozzo beve” – si dice in gergo in Lucania, per dire che i fanghi immessi si disperdono nel sottosuolo. Esempi di contaminazione di laghi, fiumi e terreni sono diffusi, con il conseguente aumento di tumori, aborti spontanei, morie di pesci, malattie respiratorie e alla pelle, sorgenti le cui acque non sono più potabili. . Per non dire infine dei traffici illeciti connessi allo smaltimento dei rifiuti tossici, allegramente praticati fra multinazionali e criminalità organizzata.

Le principali sorgenti irpine sono vicinissime ai pozzi di trivellazione  programmati. La minaccia si estende ovviamente alle acque di superficie e agli invasi naturali e artificiali. Di più: la discontinuità tettonica dei comparti montuosi determina la circolazione idrica sotterranea fra le varie falde, nonché gli scambi fra le falde e i fiumi; qualora vi fosse immissione di petrolio o di sostanze chimiche nocive nell’attività di perforazione e di estrazione, andremmo incontro ad un disastro apocalittico.

 

La criminalità organizzata ha messo a ferro e fuoco Napoli,  Caserta, Avellino con i rifiuti tossici di ogni tipo. Un’altra criminalità, quella del profitto selvaggio, della bramosia di potenza e della cupidigia dei pochi, protetta dallo Stato, minaccia in modo drammatico e irreversibile la vita di milioni di uomini, di miliardi di animali e piante. I predatori del petrolio sono incuranti dell’inquinamento del bene comune  più prezioso attraverso cui pulsa la vita. Noi siamo ancora in tempo per correre ai ripari, in Irpinia, in Campania, in tutto il Mezzogiorno. E siamo ancora in tempo per promuovere un altro modello di sviluppo.

Coordinamento Campano per la gestione Pubblica dell’Acqua

 

Proiezione film: “ Acque irpine trivellazioni petrolifere”


Presso la sede di Mani Tese,

piazza Cavour, Napoli

mercoledì 14 maggio 2014

ore 18:00

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