Relazione di fine triennio (2008-2010)
di Leonardo Becchetti – Presidente Nazionale CVX-LMS
INDICE
1. Il contesto
1.1 Il pendolo culturale
1.2 La perdita del senso della creaturalità
1.3 La crisi delle relazioni
1.4 Gli scenari sociali
1.5 I punti di osservazione diversi in questo contesto: lo sguardo dei poveri
2. L’Identità
2.1 I principi generali
2.2 Il nostro specifico
2.3 I problemi della comunità nazionale
2.4 Attualizzazione dei PPGG alla nuova situazione
2.5 La comunità come casa e scuola di comunione e di educazione alla diversità
3. Le sfide nate dalla lettura del contesto (parte 1), alla luce della
nostra identità (parte 2)
4.La strada percorsa
4.1 Integrazione dentro il mondo ignaziano
4.2 Il lavoro in rete con altre realtà ecclesiale e le organizzazioni impegnate nel campo
della giustizia sociale
4.3 La formazione delle guide, gli impegni e l’assunzione di responsabilità in comunità
4.4 La comunicazione
5. Il futuro
6. Conclusioni e qualche fotografia
Appendici
Appendice 1 Le quattro tappe: una possibile sintesi dell’itinerario CVX
Appendice 2. I motivi dell’importanza e dell’urgenza dell’integrazione
Appendice 3: gli atteggiamenti e lo stile necessari per costruire la comunità
Lista documenti su web
*Ringraziamenti: se la responsabilità di quanto segue è unicamente mia desidero
ringraziare ed esprimere la mia gratitudine verso tutti coloro che hanno contribuito a
questa bella avventura. A partire da i due assistenti nazionali (Giangiacomo Rotelli e
Vincenzo Sibilio) che con grande abnegazione, impegno e pazienza ci hanno
accompagnato, per proseguire con tutti i compagni di quella comunità “sovracittadina”
che è l’esecutivo e con tutti i volti di quanti (assistenti, guide, membri) sono, animano ed
hanno animato la CVX in Italia in questi tre anni.
1. Il contesto
Un approccio ignaziano non è mai disincarnato dalla realtà ma parte da una lettura del
contesto. Su di essa discerne relativamente al come applicare i principi immutabili alle
novità del vissuto in modo da poter realizzare in maniera più efficace la propria missione
nell’ottica del magis.1 Questo vuol dire che l’uomo ignaziano prende sul serio la storia ed
in essa si gioca contribuendo al processo di “con-creazione” nel quale l’umanità collabora
con il Creatore per completare l’opera della creazione.
Per raccontare un pezzo di cammino insieme come quello di questi ultimi tre anni mi è
sembrato pertanto necessario agganciare la riflessione sul cammino percorso alle vicende
internazionali, nazionali ed ecclesiali che si sono verificate in questo tempo che abbiamo
abitato assieme. Ovvero alla storia in cui abbiamo vissuto che è stata scenario ed elemento
di influenza profonda sulla nostra storia associativa, spingendoci ad un continuo processo
di verifica ed applicazione dei nostri principi di fondo ad un mondo che cambia.
Non avendo ovviamente la presunzione di aver colto e capito al meglio quanto è accaduto
propongo alcune suggestioni frutto di riflessione, esperienze, risonanze e preghiera. Sono
le coordinate nelle quali mi è sembrato si collocasse la nostra affascinante avventura…
1.1 Il pendolo culturale
La strategia che abbiamo portato avanti in questo triennio nasce dalla riflessione dei
profondi e rapidi mutamenti del contesto sociale nazionale. Per una sorta di legge del
pendolo ci troviamo oggi in un paese profondamente diverso da quello degli anni 70 (per
non parlare di ancora prima). Allora la cultura cattolica era ancora dominante ma veniva
ripetutamente attaccata dalle avanguardie intellettuali del paese che associavano la critica
ad un partito cattolico, attraversato da gravi problemi di corruzione e che aveva
abbandonato i suoi ideali originari, ad un attacco profondo alla stessa tradizione e cultura
religiosa. In qualche decennio tutto è cambiato. La cultura della nostra società è ormai
pagana o paganeggiante. Il percorso di liberazione da vincoli, costrizioni e tabù ci ha
“liberato” ma ha fatto perdere a molti il senso e il motivo per cui si dovrebbe vivere,
lavorare, costruire relazioni. Per le nuove generazioni che crescono si pone un problema di
alfabetizzazione religiosa nello stesso momento in cui, all’opposto in alcuni intellettuali e
uomini di pensiero si fa largo una nostalgia del sacro. Mentre allora era importante
1 Nelle Costituzioni il magis ignaziano è rappresentato dal bene più universale, più
duraturo, più necessario, più diffusivo, più umile, più dimenticato dagli altri.
distinguersi da un conformismo talvolta troppo ottuso oggi basta riproporre alcuni
elementi di sana e saggia tradizione umanistica e religiosa per passare per innovatori
originali ed attraenti. Nella parte di mondo in cui viviamo è necessaria una nuova
evangelizzazione e c’è bisogno nuovamente di annunciare il kerigma, ovvero l’essenza
dell’annuncio di salvezza cristiano ad orecchie che non l’hanno mai sentito o
approfondito.
1.2 La perdita del senso della creaturalità
L’uomo delle epoche precedenti la nostra era colpito da molte traversie e si sentiva in balia
della natura e del fato. Tutto ciò alimentava un forte senso di creaturalità e rendeva
naturale l’approdo religioso. Oggi l’uomo del terzo millennio (finchè non si trova ad
affrontare i problemi della morte o di una malattia grave) vive immerso in un senso di
quasi onnipotenza e in totale controllo della propria vita, circondato da pulsanti, tasti e
strumenti in grado di soddisfare tutti i suoi desideri e capricci. Tutto questo lo porta quasi
naturalmente a pensare di essere la creatura più intelligente dell’universo e dunque alla
presunzione che non possa esserci qualcuno più grande di lui. Creaturalità e religiosità
sono molto difficili da coltivare e sviluppare finchè si vive circondati da “mezzi di
distrazione di massa” in una sorta di paese dei balocchi Collodiano in cui si rischia di
vivere un’adolescenza infinita, in cui conviene peraltro rifugiarsi di fronte alle crescenti
difficoltà generate dal mondo del lavoro.
Questa deriva edonista senza sostanza può produrre esiti opposti e portare ad un certo
punto ad una sensazione di sazietà disperata e a momenti di depressione. Lo scacco nel
lavoro o in una vita affettiva vissuta superficialmente e nella quale non si è in grado di
investire appieno porta a crisi di felicità e di senso da cui si esce spesso alzando il livello
della distrazione o con l’ausilio di sostegni chimici che promettono di risolvere il male di
vivere con un approccio meccanicista, come se si trattasse di un qualsiasi mal di stomaco.
Non è infrequente che alcuni dei molti naufraghi del senso approdino sulle nostre rive
sollecitando da noi una risposta ai loro problemi.
In una sintesi che nasce dall’esperienza vissuta in quei momenti nei quali siamo venuti in
contatto con i problemi di povertà e marginalità materiale dei tanti ultimi del mondo (dai
ragazzi dei campi di lavoro organizzati dalla Lega Missionaria, agli immigrati e ai poveri
che incontriamo nei centri di accoglienza e nelle iniziative sociali che come comunità locali
viviamo ed animiamo sul territorio) scopriamo che l’energia più importante nasce oggi
dall’incontro di due povertà: quella esistenziale e di senso di tanti occidentali che hanno
smarrito la via della gratuità che ci realizza, e quella materiale delle persone che pensiamo
di aiutare e che in realtà, facendo presente l’emergenza del loro bisogno e chiedendoci un
sostegno ci aiutano ad uscire da noi stessi
1.3 La crisi delle relazioni
Gli studi delle principali discipline sociali e le evidenze empiriche concordano sul fatto che
le società dei paesi ad alto reddito vivono una crisi delle relazioni e della vita associativa. I
beni relazionali, ovvero quei beni che devono essere “prodotti” e “consumati” insieme (in
ciò che interessa a noi partecipazione ad un’associazione religiosa, relazioni affettive o
impegni con vincoli permanenti) hanno una fragilità intrinseca: a differenza dei beni di
consumo usa e getta da cui siamo circondati essi richiedono infatti cura e investimento
congiunto da parte di tutti i partner che li producono e li consumano. Insomma si tratta di
beni ad alta intensità di tempo e di attenzione (con una bella espressione il Piccolo
Principe dice che “il tempo investito nella cura della rosa la rende preziosa ed unica ai
miei occhi) . Tutti gli indicatori ci dicono oggi che il costo-opportunità del tempo (ciò a cui
rinunciamo per utilizzare un’ora di tempo in un’attività anche quando questa è gratuita
come la cura dei beni relazionali) nelle nostre civiltà è esploso perché il tempo investito in
relazioni è conteso da molteplici forme di svago non relazionale e dai cosiddetti “mezzi di
distrazione di massa” (navigazione su internet, visione dei vari canali televisivi, Ipod). Se
la costruzione dei beni relazionali dipendesse dal singolo persone lungimiranti che
comprendono il problema potrebbero farcela da sé decidendo comunque con uno sforzo
di volontà di investire più tempo in essi. Purtroppo (ed è anche la loro bellezza) i beni
relazionali dipendono non solo dalla nostra volontà ma anche da quella dei nostri partner
e l’investimento in essi è sempre esposto al rischio del fallimento (il rischio che corre un
padre o un Creatore quando genera). Lo sappiamo molto bene quando pensiamo a come
la presenza di ciascuno di noi può arricchire il valore di un momento comunitario
(l’incontro periodico della comunità locale, i momenti di incontro nazionale ed
internazionale). Il risultato di questo contesto sempre più difficile è il crollo di tutti gli
indicatori relazionali nelle nostre società (dalla frequenza alle Messe, all’aumento delle
separazioni e divorzi e la riduzione dei matrimoni, alla diminuzione della partecipazione a
tutte le forme di vita associativa) sintomo di una vera e propria malattia delle società
occidentali.
Focalizzando l’attenzione sul nostro mondo e vedendo l’impatto di questa corrente di
fondo disgregante possiamo dividere l’Italia in tre parti: i) le due grandi città (Roma e
Milano) dove la vita è indubbiamente più varia e stimolante ma il problema relazionale è
più acuto (e i costi dei beni relazionali sono più alti perché le opportunità alternative sono
maggiori e i costi di spostamento pure); ii) le città che seguono immediatamente (Bologna,
Genova, Napoli) dove si raggiunge un equilibrio ed osserviamo nella CVX la capacità
delle comunità di riunirsi per una messa domenicale comune e sviluppare progetti
condivisi e infine i centri più piccoli dove il problema è che la forza centrifuga che porta le
persone a spostarsi per motivi di lavoro rischia di far venir meno la massa critica minima
per costruire una comunità (è il caso della comunità giovani di S.Arpino divenuta in parte
comunità virtuale).
Per capire l’impatto dell’aumento del costo del tempo su un bene relazionale che ci sta a
cuore si pensi agli Esercizi Spirituali. Quanto costa di più per un uomo moderno
iperindaffarato prendersi un tempo così importante per vivere gli Esercizi ? Da questo
punto di vista gli esercizi nella vita ordinaria sono stati una grande invenzione che
ha adattato lo strumento al contesto mutato.
In conclusione su questo punto, inutile dire che la spiritualità ignaziana, le vocazioni
laicali e religiose dipendono dalla cura personalis e dai beni relazionali ma questi ultimi
sono sempre più difficili da coltivare. E’ questo probabilmente uno dei problemi di fondo:
costo delle relazioni e del tempo sottratto alla superficialità e investito
nell’approfondimento del rapporto con Dio di fronte all’opportunità di alternative che
creano forme di adolescenza prolungata e perpetua un po’ come nel Collodiano paese dei
balocchi.
Un altro fattore che rende difficile vivere i beni relazionali è la forza centrifuga delle nostre
società generata dalla flessibilità e la mobilità del lavoro. Oggi non è infrequente che due
persone si sposino e lavorino a centinaia di chilometri di distanza incontrandosi soltanto
nel weekend. E’ altrettanto frequente che gruppi tendano a ridursi di numero perché le
persone vanno a vivere in altre città. Ovviamente questo non è per sé un male ma la
questione è il suo impatto sulla vita di relazioni.
1.4 Gli scenari sociali
Anche dal punto di vista economico sociale abbiamo vissuto tre anni intensi. La crescente
incapacità degli stati di fronteggiare direttamente le sfide del welfare ha spinto
naturalmente verso un’ attuazione del principio di sussidiarietà e una fioritura ed un
protagonismo della società civile e delle sue organizzazioni. La delega realizzata con
risorse finanziarie via via decrescenti ha creato tensioni e difficoltà oltre che necessità di
queste organizzazioni di trovare nuove vie per il finanziamento delle proprie attività
finendo per generare un problema importante di precariato del lavoro anche nelle
organizzazioni a movente ideale.
Il modello di welfare tradizionale, squilibrato verso le pensioni, aveva come naturale
contrappeso la forza della famiglia cui venivano delegate molte funzioni e il ruolo di
redistribuzione di risorse tra generazioni oltre che di sostegno alla ricerca giovanile di
prima occupazione, molto difficile in un modello che tendeva a privilegiare gli interni
contro gli esterni nel mercato del lavoro. Con la disgregazione delle relazioni familiari e la
crisi economica perdurante la nostra società si trova in mezzo a un guado. Se la capacità di
risparmio di privati, riserve di ricchezza accumulata e la stabilità del sistema bancario
hanno evitato guai peggiori come effetto della crisi finanziaria globale e le disuguaglianze
tipiche dei sistemi anglosassoni, nel nostro paese si vive l’emergenza di una fascia sempre
più estesa di precariato giovanile che lambisce ormai i quarantenni e rende difficilissima
l’elaborazione di progetti di vita per una generazione per la quale, per la prima volta, le
condizioni economiche non saranno migliori di quelle dei padri.
In questo contesto una parte consistente del paese si trova a fronteggiare la sfida della
criminalità che pone tra l’altro un grave limite alla vitalità economica e sociale e quella
dell’immigrazione, con un forte aumento della quota di cittadini stranieri immigrati che è
arrivato più rapidamente della capacità di costruzione di una cultura della tolleranza e
dell’accoglienza e soprattutto della sensibilità delle autorità verso questo obiettivo.
Come CVX, consapevoli di queste sfide, siamo stati impegnati a vario livello, individuale e
di comunità, in una dimensione di prossimità e di servizio che si è sempre accompagnata
ad un’azione sociopolitica.
1.5 I punti di osservazione diversi in questo contesto: lo sguardo dei poveri
Quanto sviluppato sino ad ora è frutto di uno sguardo e di una prospettiva di
osservazione limitata e personale, comune ad una parte di “fortunati” del mondo
occidentale. Se vogliamo comprendere fino in fondo il contesto dobbiamo metterci nei
panni dell’altro e osservare la stessa realtà dagli sguardi dei bisognosi e degli emarginati.
Siamo sicuri che le loro riflessioni sarebbero le nostre ? Per fare ciò dobbiamo innanzitutto
riconoscere le molteplici povertà della società di oggi (intendendo con esse, come ben
sottolinea il Compendio della Dottrina Sociale, le povertà e le miserie subite e non le
povertà e sobrietà materiali desiderabili come virtù evangeliche). Da una parte il miliardo
di persone che vivono sotto la soglia di un dollaro al giorno, la quasi metà della
popolazione mondiale che vive con meno di 2 dollari al giorno (o gli 800 milioni di
malnutriti), insomma una moltitudine di persone che popolano le periferie delle metropoli
dei paesi del Sud del mondo o emergenti o vivono in aree rurali senza riuscire ad uscire da
un’agricoltura di sussistenza. Dall’altra i poveri di senso di società sazie e disperate, che
hanno perso o non conoscono il segreto dell’offerta di sé e del dono che è alla radice
dell’antropologia cristiana ad immagine e somiglianza di Dio. Infine le nuove vittime della
precarietà o della crisi del lavoro nelle società del benessere e, tra di esse, l’emergenza di
una generazioni di giovani che sperimenta difficoltà enormi nella ricerca di una stabilità
che può consentire lo sviluppo di progetti di vita duraturi.
Le esperienze di incontro e di co-sviluppo privilegiate vissute nel mondo del commercio
equo e solidale e della cooperazione sociale italiana hanno insegnato a molti di noi a
vedere le cose con lo sguardo dell’altro superando un concetto di carità spesso limitato e
consolatorio a senso unico. E’ sempre più frequente nei documenti di dottrina sociale e
nelle prassi di azione vedere applicato il principio “provocatorio” di Danielou secondo il
quale “se ami veramente qualcuno devi chiedergli qualcosa in cambio”. I poveri (tutti
quelli di cui parliamo sopra) non chiedono commiserazione, elemosina o non traggono
alcun beneficio dalla consolazione che può a noi derivare eventualmente dell’essere
prossimi a loro. Sono alla ricerca di una reale fraternità come cura delle loro relazioni ferite
(che richiede spesso professionalità e percorsi complessi di cura) e di un’occasione di
inclusione che possa restituire loro diritti e doveri (il “chiedere loro qualcosa in cambio”)
perché solo in questo modo è possibile per essi recuperare dignità sociale ed autostima. I
poveri in sostanza non chiedono altro che di essere messi in condizione di vivere (o di
scoprire) ciò che dà pienezza alla nostra vita: l’essere cittadini in grado di contribuire al
benessere della società, titolari di diritti e doveri, in modo tale da poter essere loro stessi
dono ad altri per la realizzazione di sé. Ecco perché oggi le ricette contro la povertà si
chiamano cooperative di reinserimento (di persone marginalizzate) nel lavoro,
microcrediti che consentono ad individui ai margini di accedere al credito ed avviare un
progetto, rapporti di partnership come quelli del commercio equo e solidale.
In estrema sintesi, il marginalizzato del Sud del mondo cerca un’opportunità di inclusione,
un’occasione per far uscire dalla miseria estrema sé e i propri figli, il povero di senso nei
paesi ad alto reddito ha bisogno di un’occasione per riscoprire il dono di sé e i nuovi
poveri del lavoro nelle società occidentali opportunità occupazionali in grado di offrire
prospettive stabili. Esistono meccanismi e situazioni attraverso le quali la soluzione del
problema nasce dall’incontro tra queste povertà (i progetti di cooperazione professionale e
di volontariato e quelli di economia solidale) ed è questa una delle direttrici che ha ispirato
e deve ispirare la nostra azione.
2. Identità
2.1 I principi generali
Un punto di riferimento essenziale della nostra identità è quelli dei Principi Generali che,
a decine di anni dalla loro formulazione, sorprendono per attualità, freschezza, capacità di
aprire il campo e la prospettiva della missione dei credenti.
Il preambolo che riprende il noto brano degli Esercizi di S.Ignazio illustra plasticamente le
dinamiche dell’amore divino che fondano quelle dell’amore umano. La Trinità si china
sulle miserie dell’uomo e avvia il progetto dell’incarnazione attraverso il quale il Figlio si
“abbassa” uscendo da se per assumere la natura umana per poi tornare dopo la croce
nella gloria.
L’economia trinitaria è il riferimento chiave per la nostra identità più profonda di esseri
fatti “ad immagine e somiglianza”. Per realizzarsi in maniera più piena e profonda non c’è
che riproporre, secondo i PP.GG., questa dinamica nella nostra vita sotto l’azione dello
Spirito Santo.
Se la dinamica è comune l’orizzonte è ampio perché la spiritualità ignaziana è un metodo
che non produce cristiani con lo stampo. E’ piuttosto simile ad un prisma che riflette la
luce divina e la moltiplica nei mille colori che rappresentano le nostre vocazioni
particolari. In questo prisma troviamo il nostro specifico: il discernimento, personale e
comunitario l’esame di coscienza, gli Esercizi e il cercare Dio in tutte le cose divenendo
contemplativi nell’azione, l’opzione preferenziale per gli ultimi. Anche oggi e anche per
questo le linee guida della nostra spiritualità definite dai PP.GG. appaiono delle ampie
coordinate più che delle stradine anguste ed hanno bisogno dello sviluppo del nostro
carisma e talento particolare per testimoniare la ricchezza e la multiformità del progetto di
Dio sull’umanità.
Ciò che rende così diversi i risultati finali e le scelte personali non sono solo le nostre
inclinazioni e peculiarità, che ci fanno diversi l’uno dall’altro, ma anche le “cose nuove”
della storia che ci impongono continuamente di rinnovare quello sguardo sulla realtà per
studiare e comprenderla al fine di “esprimersi in termini sempre nuovi di fronte ad ogni
circostanza della vita quotidiana”.
Dai Principi Generali traspare implicitamente il valore e il ruolo della comunità e
l’importanza che essa si metta in rete con “tutto il Popolo di Dio e con tutti gli uomini di
buona volontà”. Da soli sperimentiamo lo scacco e la nostra radicale incapacità di far
fronte alla dimensione e alla drammaticità dei problemi di oggi. Siamo pertanto chiamati a
sentire cum ecclesia e a trovare un minimo comun denominatore che ci consenta di allearci
con tutti gli uomini di buona volontà per portare valori umani e cristiani (nei PPGG: la
dignità della persona, i bene della famiglia, l’integrità della creazione, il lavoro per la
giustizia con un’opzione preferenziale per i poveri) nella società di oggi.
In questa prospettiva, uno dei compiti più affascinanti del nostro essere membri CVX è
quello di divenire “tessitori di relazioni”, ricucendo i nodi spezzati della rete della
comunità umana e cristiana affinchè la rete diventi più robusta e possa produrre più frutti.
Da soli possiamo poco ma come costruttori di relazioni, reti e comunità saremo
compartecipi di tutto ciò che i nostri compagni di viaggio riusciranno a realizzare nella
loro missione particolare per quanto hanno potuto discernere e vivere dentro la comunità
grazie anche al nostro contributo. Siamo chiamati pertanto a mantenere accogliente la
“locanda” della nostra CVX (nazionale e locale) affinchè i viandanti di passaggio e i tanti
naufraghi del senso della società contemporanea possano intravedere il fuoco acceso e
decidere, se lo vogliono, di fermarsi.
Lavorare in rete e per la comunità richiede discernimento, finezza di spirito e virtù che
devono essere coltivate. La tentazione di voler piegare tutti alla propria personale
missione invece che lavorare sulle complementarietà è sempre in agguato, dobbiamo
vincerla imparando a comprendere e a contemplare il carisma e le virtù altrui.
Un altro invito pressante dei PP.GG. è quello a divenire “testimoni credibili e operatori
competenti”. Come cristiani laici siamo chiamati a integrare la fede e la missione
all’interno della nostra vita professionale ed affettiva. La CVX può essere credibile ed
attraente solo se è in grado di dire qualcosa alla vita di ciascuno di noi evitando di
diventare un circolo del tempo libero nel quale sfogare eventuali disagi e frustrazioni. La
società di oggi è piena di operatori competenti che svolgono con precisione tecnica
mansioni senza comprendere il senso e le conseguenze etiche della loro attività e di
testimoni che per i loro limiti di competenza non riescono ad essere pienamente efficaci e
persuasivi nell’opera di “riforma delle strutture della società”. Mettendo assieme
credibilità della testimonianza e competenza nel proprio operato saremo più efficaci e
porteremo più frutto.
In tutto questo la cifra fondamentale dell’essere membri CVX secondo lo stile dei PPGG
deve essere quella della gioia profonda per aver scoperto l’amore di Dio per noi e per aver
trovato in quel dinamismo di amore descritto nel preambolo la radice più profonda del
nostro essere e la nostra personale realizzazione come uomini e donne di oggi.
Una volta scoperto un tesoro nasce il desiderio di condividerlo con gli altri e uno stile di
vita che diventa contagioso. La pienezza della missione CVX è nel raggiungimento di
questa consapevolezza e, con essa, del desiderio di donare e condividere quanto scoperto
con tutti quelli che incontriamo lungo il cammino.
Un metodo di azione messo a punto dalla comunità mondiale negli ultimi anni che ci può
aiutare (unendo tra di loro ancor più i membri di diversi paesi) è quello dei quattro verbi
(Discernere, Inviare, Accompagnare, Valutare) che illustrano tappe fondamentali della
dinamica della comunità e dei cammini personali dei suoi membri. La comunità diventa
pertanto un grande sostegno a “discernere”, è quella che “invia” ed “accompagna” il
singolo in missione facendogli percepire che il suo cammino fa parte di un disegno più
vasto ed è supportato ed incoraggiato da tutti i membri. Infine essa “valuta” dando ancora
un sostegno e la ricchezza di uno sguardo da prospettive diverse da quelle del singolo in
un momento fondamentale come quello della continua verifica e aggiustamento delle
scelte effettuate.
2.2 Il nostro specifico
Come abbiamo vissuto e sviluppato (come CVX Italia) la nostra vocazione in un contesto
come quello descritto sopra negli ultimi tre anni ?
Lo abbiamo fatto partendo da una forte coscienza della nostra identità. Come ignaziani
abbiamo ribadito e riscoperto nei nostri incontri nazionali e mondiali di dover essere
uomini di frontiera e di dialogo “posti ai crocevia della storia”, sviluppando con l’aiuto del
Signore una profonda ed allenata capacità di discernere e di orientarci al magis che ci
rende naturalmente non dei conservatori ma degli innovatori spirituali. Il tutto seguendo
uno stile che ci sollecita, al di là del successo dei nostri sforzi per perseguire il bene
comune nella città dell’uomo, a contemplare nell’azione, gustare e vedere Dio in tutte le
cose e ad avere come fine ultimo quello di lodare il Signore.
Una cosa che abbiamo osservato come Esecutivo sin dall’inizio di questo nostro pezzo di
cammino è che, il cambiamento culturale con le difficoltà sopra indicate, unito alla nostra
inclinazione ad agire ad extra e all’innovazione cercando di essere sale nelle realtà di
frontiera che abitiamo, pone il rischio di sguarnire le nostre comunità. Ciò ci ha spinto ha
sottolineare l’importanza di prenderci cura della “fabbrica di sale” intendendo con essa la
comunità CVX nazionale come parte di quella mondiale. Per contrastare le tendenze
particolaristiche, le forze centrifughe dettate dai ritmi della vita di lavoro della nostra
società e la progressiva riduzione del bacino tradizionale dal quale attingevamo nuovi
membri abbiamo, concordemente con la Compagnia, mirato a rinforzare le reti e le
connessioni tra di noi cercando di ridurre particolarismi e rinforzando la tensione all’unità
e alla costruzione di una comunità ignaziana allargata. Ricordo con piacere a questo
proposito gli otto punti nei quali abbiamo sintetizzato i frutti che un rafforzamento della
rete avrebbe potuto portare. Cristo ci chiede di essere non solo pescatori ma anche “nodi
della rete” (intesi come nessi di relazioni che rendono visibile e vivibile nella comunità
l’esperienza cristiana) considerando che la robustezza della rete rappresenta una dote
altrettanto importante che l’abilità del pescatore per raggiungere il risultato.
Riprendendo questa suggestione (e il famoso motto tessitori di relazioni già coniato due
esecutivi fa grazie al prezioso lavoro del gruppo di allora e del presidente Umberto
Bovani) abbiamo deciso come esecutivo di portare come simbolo-descrizione della
comunità all’assemblea di Fatima proprio una rete spezzata che veniva ricucita dai
membri della comunità.
2.3 I problemi della comunità nazionale
Uno dei problemi maggiori delle comunità di vita cristiana al momento in cui questo
esecutivo ha iniziato a lavorare era la scarsa capacità di coinvolgere le nuove generazioni e
la mancanza di apertura e desiderio di contagiare. Questi atteggiamenti, combinati con le
difficoltà di contesto descritte sopra (processo di scristianizzazione della società, malattia
delle relazioni) che riducono progressivamente il bacino potenziale di nuovi membri della
comunità, rischiavano di creare le premesse perfette per una progressiva scomparsa
dell’associazione. Alcune immagini ci aiutavano a descrivere la situazione. La CVX come
la Gioconda tenuta in cantina (ovvero una spiritualità in dono alla Chiesa che restava
inespressa o non diventava né luce né lievito), il rischio della chiusura della fabbrica di
sale se i suoi membri avessero continuato a lavorare e ad essere sale e lievito solo ad extra
senza curarsi della crescita della “fabbrica” nella quale nuovi membri avrebbero potuto
crescere e formarsi.
L’analisi della situazione delle dinamiche di crescita associativa nelle realtà degli altri
paesi indicava alcune strade ben definite: i) la nascita di un gruppo ad opera del paziente e
prezioso lavoro di semina di guide laiche e di gesuiti dedicati alla comunità; ii) il contagio
orizzontale dei laici membri di un gruppo che coinvolgono i loro amici e colleghi di lavoro
e il mettono a contatto con la spiritualità ignaziana; iii) gli arrivi dalle esperienze degli
esercizi spirituali; iv) il pescaggio dei giovani per le attività svolte nelle scuole e nelle
università. Quest’analisi si combinava con l’osservazione di un’esagerata polverizzazione
delle realtà di spiritualità ignaziana. In molte città esistevano ed esistono piccoli gruppi
che hanno riferimento unico una guida gesuita e, pur vivendo una vita di condivisione e
un percorso di spiritualità ignaziana, non realizzano alcun collegamento con la comunità
nazionale. Il limite di queste realtà è il rischio di diventare orfane della guida carismatica e
di veder venir meno le condizioni per l’esperienza comunitaria per il gruppo di superstiti,
orfani della guida carismatica.
2.4 Attualizzazione dei PPGG alla nuova situazione
Uno degli impegni più importanti per il cammino della CVX, alla luce della lettura del
contesto e dei valori e principi che fanno parte della nostra identità, è quello di elaborare
una sintesi di pensiero che adatti i principi al contesto mutato.
Un passo in questa direzione realizzato nel corso del passato esecutivo è stato il
documento dell’attualizzazione dei PP.GG. Ricordo al di là della ricchezza della sua
elaborazione alcuni slogan efficaci (appunto quello di tessitori di relazioni) che ci hanno
accompagnato nel cammino e che sono stati apprezzati e fatti propri anche dalle CVX di
altri paesi.
Un’iniziativa ulteriore in questa direzione è stata quella della semplificazione del nostro
percorso in una sintesi efficace per gli uomini di oggi che non tradisse la ricchezza del
nostro percorso. La nostra specialità è quella di saper elaborare documenti articolati e
complessi (che rischiano di essere capiti solo dagli addetti ai lavori) ma perchè,
nell’esigenza di incontrare gli uomini di oggi, non avere una visione semplice di sintesi del
nostro percorso ? E’ da questa esigenza che è nato lo schemino delle quattro tappe
(Appendice 1) dove in sintesi si afferma che i quattro momenti fondamentali della
pastorale comunitaria sono:
i) suscitare desiderio di gioia e di vita piena (Ignazio diceva dell’importanza almeno
del desiderio del desiderio). Cosa non semplice, alcuni si sentono talmente in
scacco che non riescono nemmeno a desiderare attivamente di realizzare in
pienezza la propria vita;
ii) far scoprire la storia della chiamata di Dio in noi e proporre un percorso
ragionevole, graduale e credibile di integrazione tra fede e vita all’interno della
comunità;
iii) far capire che la meta si può raggiungere soltanto attraverso esercizio e volontà
oltre che momenti di ispirazione e gratificazione interiore (il bene arduo e il
recupero del valore della virtù come allenamento);
iv) far arrivare ad una tappa in cui si è consapevoli di avere trovato un tesoro e si
desidera condividerlo con gli altri (qui scatta la contagiosità, il punto d’arrivo è
l’apertura e il desiderio di coinvolgere le persone e non la chiusura in gruppi elitari
che parlano linguaggi da addetti ai lavori).
2.5 La comunità come casa e scuola di comunione e di educazione alla diversità
Una delle sollecitazioni che mi sono convinto nel tempo essere più urgente è quella di
coltivare la nostra capacità di lavorare in squadra come una comunità vera imparando a
“contemplare” il carisma e il talento dell’altro, non considerandolo una minaccia ma un
prezioso complemento nella nostra azione comune.
In questo ambito il difetto ricorrente che abbiamo riscontrato come esecutivo nella nostra
comunità e tra i gesuiti è quello di crearsi una propria opera particolare e un gruppo di
propri adepti che poi diventano orfani alla partenza del padre o alla sua scomparsa.
Abbiamo insistito con lucidità e fermezza sul fatto che questa capacità innovativa
individuale che è fondamentale, ed è la ricchezza della nostra spiritualità naturalmente
orientata all’innovazione, non è e non deve essere in contrasto con il saper fare gruppo e
che tutte e due le cose devono essere tenute insieme per il magis. Le vocazioni e i carismi
particolari non devono trasformarsi in particolarismi e occasioni per disgregare la
comunità nel suo insieme. Dobbiamo educarci a vedere la diversità e il carisma dell’altro
come un dono e non come una minaccia alla propria attività o ad un nostro concetto
ristretto di ortodossia. In altri il singolo leader con il suo carisma deve avere la tensione
verso l’unità e capire che per un bene più grande bisogna unire le forze (i motivi
dell’importanza del fare rete li riporto nell’Appendice 2).
Scrivevo a questo proposito nello schema della relazione del Convegno Nazionale
del 2009
Un problema fondamentale, direi forse il più importante che ho riscontrato nei miei viaggi per le
comunità, è quello dell’istinto dei musicisti di voler restringere la comunità ai suonatori del proprio
strumento. E’ un istinto che dobbiamo sforzarci di combattere e di vincere. Nasce probabilmente
dalla nostra fatica ad accettare una qualità del nostro fratello che non riusciamo a controllare o
rispetto alla quale ci sentiamo secondi ed inadeguati. E’ come se il suonatore di trombone poiché sa
suonare solo quello strumento volesse un’orchestra di soli tromboni o un portiere di una squadra di
calcio volesse una squadra di tutti portieri perché lui non sa fare gol e non tollera molto quelli che lo
sanno fare. Dobbiamo imparare invece a contemplare il carisma del nostro membro di comunità, che
ci rende visibile il nostro limite, e imparare a contemplare la squadra capendo che una parte dei suoi
frutti sono anche merito nostro nella misura in cui abbiamo semplicemente partecipato e contribuito
a costruire la comunità dove il suo carisma è maturato.
Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di Apollo”, non vi dimostrate
semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete
venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato,
ma è Dio che ha fatto crescere. “Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità,
libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni,
fazioni,invidie, ubriachezze,orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto,
che chi le compie non erediterà il Regno di Dio”), (Gal 5, 19).
3. Le sfide nate dalla lettura del contesto, alla luce della nostra identità
La lettura del contesto sopra descritto, alla luce della nostra identità, ci ha suggerito alcune
piste di azione. La considerazione della tendenza di fondo non favorevole della crisi delle
relazioni e della tendenza centrifuga di una società sempre più flessibile e liquida ci spinto
a mettere al centro l’emergenza del divenire tessitori di relazioni per riparare i nodi
spezzati della rete comunitaria e per riedificare una comunità forte. Siamo giunti alla
convinzione che l’esigenza di fare massa critica e l’urgenza del momento rendono
indispensabile il lavoro di integrazione delle energie della rete ignaziana. Solo superando
frazionismi e particolarismi che talvolta rispondono soltanto ad esigenze di comodo,
abbiamo lavorato con forza per fare rete al nostro interno ed assieme agli altri movimenti
ecclesiali e persone di buona volontà nella più vasta comunità ecclesiale per portare avanti
le importanti battaglie sociali del nostro tempo. Di fronte al problema della perdita di
senso di creaturalità e di falsa onnipotenza dell’uomo di oggi abbiamo veicolato il nostro
messaggio ricordando che la strada della vera realizzazione e gioia, di una vita veramente
degna di essere vissuta passa per il dono e l’offerta di sé per l’edificazione della comunità ,
la costruzione di legami e il contributo al bene comune nel nostro impegno per la giustizia
e per il riscatto degli ultimi. Ricordando soprattutto che non c’è il prima del ritrovare la
nostra armonia interiore e il dopo dell’impegno ma che è il prima dell’impegno che fonda
la nostra gioia perché accresce la nostra comunione in Cristo.
E’ questo l’oggetto principale della nostra narrazione nei prossimi paragrafi.
4.La strada percorsa
4.1 Integrazione dentro il mondo ignaziano
Coerentemente con la riflessione sopra indicata in questo triennio abbiamo dato seguito ad
un percorso di integrazione che già da molto tempo si era pensato di avviare. Nel passato
ricorreva infatti ad intervalli di tempo quasi regolari un convegno dei tre movimenti e il
desiderio di una maggiore integrazione che però poi non trovava seguito ed attuazione
concreta. La differenza tra allora ed oggi è che il contesto mutato di cui si parla nella prima
parte rende il processo d’integrazione urgente, pena il rischio di veder scomparire (o
comunque di non veder valorizzata) la ricchezza e lo specifico della spiritualità ignaziana
come dono agli uomini di oggi. L’ultimo convegno delle tre realtà ignaziane principali
(CVX-LMS e MEG) al Santuario della Madonna della Guardia a Genova (ai tempi dello
scorso esecutivo) era stato un bel momento ma anche in quel caso il percorso di
integrazione non aveva avuto un seguito dopo la realizzazione dell’evento. Il cammino
d’integrazione diventa più serrato con l’accettazione del sottoscritto della proposta di
carica di presidente della LMS e con un lavoro preparatorio a livello nazionale che porta
alla scrittura di un documento che precisa perché l’integrazione nel contesto attuale
rappresenta un magis per i movimenti di spiritualità ignaziana e stabilisce le tappe del
percorso. Un percorso d’integrazione di questo tipo, per superare diffidenze e perplessità
che hanno caratterizzato la storia recente dei due movimenti, necessitava non solo della
volontà e dell’impegno a livello nazionale ma di un’ampia adesione delle comunità locali
che dovevano incarnare e concretizzare l’integrazione nel ritmo e negli appuntamenti
della loro vita quotidiana. Che ciò sia progressivamente avvenuto (soprattutto in alcune
città) è una delle maggiori consolazioni di questi tre anni.
In termini generali, un segno importante che consola molto è vedere la gioia dei membri
CVX alla presenza e partecipazione ai nostri momenti nazionali e cittadini di giovani della
LMS con la loro freschezza e il loro impegno nel sociale. Per la CVX l’incontro con la LMS
è stata un rinnovare la sua apertura alla missionarietà ha aperto un canale di
partecipazione giovanile importante in un movimento che si stava progressivamente
invecchiando e trovava molto difficile essere attraente nei confronti delle giovani
generazioni. Anche per i giovani della LMS universitari o post-universitari l’integrazione,
fortemente sollecitata da una parte di loro, sembra portare frutti e aprire un canale
importante dove, al di là dell’impegno sociale, diventa visibile un percorso di integrazione
fede-vita nella realtà adulta affettiva e professionale che i membri della CVX con tutte le
loro difficoltà cercano di incarnare.
Una tappa bellissima che illustra alcuni frutti del cammino fatto è stata quella dei 22
impegni del 21 Febbraio a Roma maturati nella comunità CVX-LMS (sei dei quali fatti da
ragazzi della Lega Missionaria). Bellissime anche le tante collaborazioni dei membri della
CVX alla raccolta fondi per i campi Lega (battesimi e matrimoni in cui tutta o parte la lista
regali è stata dedicata a questa iniziativa), il lavoro fatto assieme da CVX e ragazzi della
LMS per essere presenti a l’Aquila dopo il terremoto. La diffusione delle esperienze dei
campi in una dimensione europea come opportunità offerta ai membri della CVX europea.
Il cammino prosegue perchè…fatta l’Italia bisogna fare gli italiani. Assieme ai segni
positivi ci sono infatti ancora molte criticità da affrontare. Come quella di costruire un
percorso formativo per i giovani universitari che, rispettando i tempi della loro
maturazione, li porti in piena consapevolezza di fronte all’offerta del percorso CVX di
integrazione tra fede e vita adulta.
4.2 Il lavoro in rete con altre realtà ecclesiale e le organizzazioni impegnate nel campo
della giustizia sociale
Lo Spirito […]ci sollecita inoltre a prendere coscienza delle nostre gravi responsabilità, a
cercare costantemente le risposte alle necessità del nostro tempo e a lavorare con tutto il
Popolo di Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per il progresso e la pace, la giustizia e
la carità, la libertà e la dignità di tutti gli uomini.” (PP.GG. 2)
Noi ci sforziamo di divenire cristiani impegnati nel testimoniare, nella Chiesa e nella società,
quei valori umani ed evangelici che riguardano la dignità della persona, il bene della famiglia
e l’integrità della creazione. Siamo particolarmente consapevoli del bisogno pressante di
lavorare per la giustizia, attraverso un’opzione preferenziale per i poveri e uno stile di vita
semplice che manifesti la nostra libertà e la nostra solidarietà con loro. (PP.GG. 4)
E’ stata questa una stagione eccezionale nella quale, sul piano del fare rete a livello
ecclesiale, siamo stati aiutati da una prassi giovane ma consolidata di lavoro in comune
maturata ed affinata attraverso alcuni momenti fondativi (penso alla stagione delle
Sentinelle del Mattino che hanno messo assieme quasi tutti i movimenti ecclesiali da
S.Egidio a CL e poi al percorso di Retinopera e ai frequenti incontri e scambi con
condivisione di amicizie e di percorsi tra le guide delle diverse realtà ecclesiali).
Questo terreno fertile ci ha portato ad impegnarci maggiormente nella costruzione della
comunità ecclesiale, seguendo l’invito del “sentire cum ecclesia” che il Padre generale
Kolvenbach ci lanciò nell’assemblea mondiale di Nairobi e agendo in coerenza con i nostri
principi generali che affermano “Lavoriamo insieme alla gerarchia e ad altri responsabili
ecclesiali, mossi da un comune interesse per i problemi ed il progresso di tutta l’umanità e aperti
alle situazioni nelle quali la Chiesa viene oggi a trovarsi.” (PP.GG. 6)
Per poter sviluppare più efficacemente quest’attività a livello nazionale è stato creato un
gruppo ad hoc (“gruppo Link”) i cui membri, restando membri di comunità cvx locali, si
sono presi l’impegno di partecipare come CVX a quegli ambiti di cooperazione nazionale
tra organizzazioni ecclesiali e più generalmente impegnate sui temi del bene comune.
Grazie alla loro preziosa disponibilità abbiamo partecipato attivamente a: i) le assemblee
di Libera; ii) il gruppo della Pastorale sociale della CEI animando numerose iniziative sui
temi della responsabilità sociale e dell’economia civile; iii) la campagna sulla giustizia
climatica organizzata da Caritas Internazionale e che ci ha visto in Italia promotori assieme
ad una decida di altre organizzazioni; iv) la campagna per la riforma della finanza
internazionale le cui proposte hanno animato, assieme a quelle di altre organizzazioni, i
vertici di l’Aquila e di Pittsburgh; v) l’appena avviata campagna per una tassa Tobin sulle
transazioni finanziarie per curare le ferite sociali della crisi finanziaria globale sostenuta
dal cartello di organizzazioni di cui facciamo parte e che ha sviluppato anche il punto iv)
Grazie al gruppo link ci siamo assunti inoltre l’incarico di partecipare ed animare con un
nostro membro la rappresentanza della CVX alla sede ONU di Ginevra nella quale
abbiamo rappresentato l’impegno della comunità CVX mondiale a fare lobbing in materia
di giustizia sociale lavorando a fianco di altre organizzazioni della società civile
specificamente sui temi dell’acqua e dell’immigrazione. Più recentemente abbiamo
organizzato con il gruppo delle ong cattoliche accreditate all’ONU un master sulla
cooperazione all’Università Gregoriana.
L’ultima iniziativa in ordine cronologico è stata la partecipazione alla nascita e
all’animazione della Fondazione Bene Comune. Si tratta di un passo avanti importante
nella nostra collaborazione con le ACLI, un organizzazione che da sempre ha guardato
alla spiritualità ignaziana come fonte di animazione e di ispirazione e ha avuto rapporti
importanti con la Compagnia di Gesù a partire dal periodo in cui il gesuita P. Pio Parisi si
è stato assistente nazionale dell’associazione fino al giorno d’oggi in cui c’è una forte
collaborazione con il P. Occhetta di Civiltà Cattolica.
La collaborazione stretta con la CVX era stata avviata con la costruzione del sito
www.benecomune.net che raccoglie articoli ed interventi di esperti di diverse discipline di
area cattolica su temi di attualità nell’ottica del bene comune. Nella redazione di Bene
Comune sono progressivamente entrati diversi membri della nostra comunità nazionale.
La tappa successiva di oggi è stata la nascita della Fondazione Bene Comune come casa di
rappresentanza di comunicazione e stimolo alle forze politiche per tutte le realtà ecclesiali.
La Fondazione, oltre a gestire il sito ha avviato un’attività di riflessione politica con
l’obiettivo di generare proposte di riforma legislative di cui i membri del parlamento vicini
ad essa si faranno portatori. Si tratta a mio avviso di una prospettiva molto importante per
il futuro se consideriamo che in questa fase della vita italiana, alla grande vivacità delle
associazioni ecclesiali e non che animano la vita e l’economia civile non corrisponde
un’eguale osmosi con la politica. L’obiettivo del nostro lavoro nella fondazione è proprio
quello di ricreare questo collegamento stretto tra organizzazioni della società civile e vita
politica.
4.3 La formazione delle guide, gli impegni e l’assunzione di responsabilità in comunità
Una delle attività che ha avuto maggiori sviluppi in questo triennio è quella dei percorsi
formativi offerti alle aspiranti guide in diverse parti d’Italia. Di questo dobbiamo
ringraziare Carmen Cecere e Giangiacomo Rotelli (e da un anno a questa parte
l’instancabile attività del nuovo assistente nazionale Vincenzo Sibilio) che si sono
gentilmente offerti per preparare ed offrire gli incontri in diverse parti d’Italia.
Una delle cose che mi ha più rallegrato in questo triennio è stata vedere la crescita nel
desiderio di assumersi responsabilità nella comunità sia a livello locale e nazionale. Con
tutto l’esecutivo abbiamo cercato di comunicare la gioia dei doni e delle grazie di stato
ricevute a seguito della decisione di donare del tempo alla vita della comunità. Per
esperienza personale credo che “i dividendi” più alti nella vita siano quelli della gratuità e
del tempo donato. Da questo punto di vista ho sempre riscontrato che la promessa del
centuplo che Gesù ci fa nel Vangelo non è mai tradita anche nel piccolo dei nostri slanci ed
impegni. La comunità per crescere ha bisogno che una parte dei propri membri faccia un
passaggio essenziale, quello dall’essere fruitori passivi, “consumatori” di momenti di
condivisione e di preghiera a persone che si assumono responsabilità e che “passano
dall’altra parte del bancone” sentendosi parte di coloro che si preoccupano di organizzare
l’offerta dei beni spirituali che la comunità propone. E’ la differenza che passa tra coloro
che, da una parte, entrano in una locanda, la confrontano con altre in termini di qualità,
confort, realizzazione dei bisogni e desideri personali per valutare se continuare a
partecipare o sceglierne un’altra e coloro che, dall’altra, si sentono “osti” e vivono la gioia
e la responsabilità di abbellire e rendere attraente per i passanti la locanda stessa
preoccupandosi che in essa ci sia sempre un fuoco acceso e una possibilità di accoglienza.
Finchè restiamo consumatori episodici delle cose e non le gustiamo sposandole appieno
non entriamo nella pienezza e nella maturità della vita.
Da questo punto di vista dunque la crescita del desiderio di assumere responsabilità
riscontrata nella partecipazione ai corsi per guide e all’accresciuta disponibilità ad
assumere ruoli di responsabilità a livello locale e nazionale rappresenta un frutto di questi
anni.
4.4 La comunicazione
Una buona comunicazione è un fattore cruciale in una società centrifuga nella quale è
difficile coltivare i legami comunitari rinforzando i collegamenti tra persone spesso
geograficamente lontane. Il cammino su questo punto è stato non senza ostacoli.
Abbiamo verificato la difficoltà della maggioranza dei membri CVX ad utilizzare con
naturalezza forme di comunicazione come i blog e, verso la fine del nostro percorso,
abbiamo focalizzato l’attenzione su tre direttrici che lasciamo anche al prossimo
esecutivo: i) il rinnovo e l’ammodernamento del nostro sito web con una piattaforma
multimediale più ricca; ii) la diffusione con una certa frequenza di CVX online in forma
agile (formato pdf da inviare per posta elettronica, caricare sul sito nazionale
rendendolo scaricabile e stampabile a beneficio dei membri della comunità meno
informatizzati); iii) la proposta della costruzione di una lista mail dei membri della
CVX nazionale (da utilizzare con parsimonia e che include solo coloro che hanno
accettato di farne parte) dopo aver verificato che lo scambio di informazioni che passa
soltanto per i coordinatori di comunità presenta limiti e strozzature.
5 Il futuro
Se ci guardiamo indietro credo possiamo essere soddisfatti della rotta intrapresa.
Anche se come cristiani siamo “irriducibili all’umano penultimo” e i nostri desideri
e le ambizioni relative ai frutti che vorremmo vedere vanno sempre e
necessariamente oltre (è insito nella ricerca del magis e di ciò che è più urgente ed
universale) non dobbiamo per questo perdere per questo la capacità di gustare e
godere del cammino percorso.
Per soddisfazione relativa alla rotta intendo il fatto che la comunità ha oggi la
consapevolezza di voler essere una casa di tutte le generazioni comprendendo che
senza ricambio giovanile alla base si rischia di diventare un gruppo di amici che
tende pian piano a scomparire. L’impegno all’accoglienza, all’apertura al desiderio
di condividere il nostro tesoro con nuove persone che si affacciano mi pare concreto
e presente in pressoché tutte le comunità locali. In questo d’altronde non facciamo
altro che seguire l’esempio e il mandato della CVX mondiale che in molti paesi del
mondo dà segni di giovinezza e di vitalità.
La comunità ha avvertito l’importanza di lavorare non solo ad extra ma anche di
coltivare la “fabbrica di sale”. Non è soltanto un fatto di riconoscenza per i doni
ricevuti ma, a mio avviso, la forma di carità più alta perché volta a donare tempo
per un bene comune e per la costruzione della casa nella quale nuove vocazioni
potranno fiorire e nuovi talenti svilupparsi.
E’ diventato mi pare chiaro nel corso di questi tre anni che l’apertura, la crescita, la
contagiosità sono obiettivi fondamentali per assicurare la continuità del dono della
spiritualità cvx al mondo in cui viviamo. Le comunità sono ovunque aperte sia per
la loro dimensione missionaria e di impegno nella società sia per la capacità di
accogliere nuovi membri sapendo che una delle maggiori missioni che abbiamo è
proprio quella di offrire a chi è in ricerca e bussa alla nostra porta i doni che
abbiamo ricevuto e l’ambiente comunitario che li ha generati.
Nel corso del prossimo triennio a mio avviso la comunità dovrà crescere in questa
ed altre dimensioni. Sarà importante proseguire nel percorso di integrazione
consolidando nella dimensione locale e nazionale l’integrazione con la LMS, dando
seguito al progetto di studio dell’ultima tappa MEG come momento nel quale viene
offerta l’opzione comunitaria CVX e lavorando perché tutti i rivoli dispersi e i
gruppi di condivisione legati alla singola guida di spiritualità ignaziana sappiano
ed abbiano come chiara, concreta ed attraente la possibilità di crescere nel loro
sentire cum ecclesia e nella tensione verso l’unità entrando in una comunità più
grande di respiro mondiale dove il loro cammino potrà avere la garanzia e
l’assicurazione di una continuità come parte di un cammino più grande.
Quanto alla nostra struttura interna deve crescere anche il collegamento tra le
diverse comunità locali (attraverso organizzazione di giornate regionali o
interregionali, forme di gemellaggio, condivisione di percorsi) e il rapporto tra le
comunità locali e la comunità nazionale. Importante da questo punto di vista
l’intuizione del precedente esecutivo cui abbiamo dato seguito di trasformare
l’incontro dei delegati in un organo, il consiglio nazionale, nel quale la
rappresentanza delle comunità locali è al massimo livello (coordinatori di
comunità) e che ha il compito di dare le linee guida per il futuro dell’associazione.
Importante anche crescere nel collegamento tra la CVX Italia e la comunità
mondiale. Negli ultimi sei anni sono stati fatti progressi enormi da questo punto di
vista con la partecipazione di un membro della CVX italiana (adesso Marina Villa)
nei quattro che compongono l’euroteam (il gruppo di raccordo e di servizio delle
CVX europee), nel gruppo di esperti per la gestione economica della CVX mondiale
e con i rapporti stretti ed intensi con il segretario, la presidente e l’esecutivo
mondiale in numerose occasioni.
Continuiamo su questa strada imparando a contemplare il corpo e le membra della
nostra comunità mondiale in tutta la sua estensione e con le sue fondamentali
connessioni tra le parti.
Continuiamo e rafforziamo infine il percorso intrapreso nei settori della formazione
e della comunicazione, preziosissimi per la vita della nostra comunità.
6. Conclusioni e qualche fotografia.
La dimensione certamente tra le più ricche di senso e di significati vissute dai
membri dell’esecutivo, del presidente e dell’assistente nazionale è quella del
viaggio. Nell’andata godiamo del nostro esserci resi disponibili ad una chiamata,
nel soggiorno ci arricchiamo attraverso il confronto e lo scambio e i momenti di
condivisione e di fraternità, nel ritorno beneficiamo dei dividendi della gratuità e
dei frutti della missione vissuta. Tutto questo ci affeziona anche ai treni, gli aerei e
le stazioni che diventano un po’ una nostra seconda casa. Il simbolo più profondo
dell’esperienza vissuta in questi tre anni, la fotografia che mi porto dietro è proprio
quello del viaggio e dell’essere in cammino.
Un’altra fotografia che mi porto dietro nel convegno CVX-LMS con il MEG dello
scorso anno è quella della messa celebrata dal P. Provinciale. Non ho mai sentito in
tanti anni una coralità ed un calore come quello di quel momento in cui le tre realtà
ignaziane erano insieme nella loro diversità e ricchezza. Se fosse stato soltanto per
vivere quel momento questi tre anni di lavoro sarebbero comunque valsi la pena.
Il messaggio sintetico ed essenziale che desidero comunicare alla fine di questo
percorso è: mettiamoci tutti in cammino e non abbiamo paura di “perdere tempo”.
Quelle fatiche (molto più grandi nell’apparenza che nella sostanza) e quel pane
spezzato (sono state per me) sono e saranno la vera ricchezza della nostra vita. Il
testimone passa al presidente e all’esecutivo che saranno eletti da questa assemblea.
Coraggio !
Scritti del triennio rintracciabili sul sito della CVX nazionale
Lettera per la Romania dicembre 2007
Lettera per la Romania 2008
Lettera estiva alla CVX (giugno 2008)
Lettera alla cvx verso il convegno 2008
Schema della relazione al convegno 2009
Lettera estiva di fine stagione (giugno 2009)
L’impresa della cura (luglio 2009)
Introduzione ai PPGG
Lettera per la Romania (natale 2009)
Altre fonti
Il percorso d’integrazione CVX-LMS
Le quattro tappe
Relazione alle settimane sociali dei cattolici (Pisa 2007)
Attualizzazione dei Principi Generali MOTIVI DELL’IMPORTANZA DEL FARE RETE
Appendice 1 Le quattro tappe: una possibile sintesi dell’itinerario CVX
Problemi aperti: i) molte persone sono oggi così profondamente disilluse da non riuscire
1. Punto di partenza: il desiderio di senso
Il desiderio profondo della persona umana è quello della gioia e della pienezza di
vita. Il punto di partenza è l’uomo con le sue aspirazioni. L’irruzione di Dio nella
nostra storia (la chiamata) e il cammino di fede ci fa arrivare a comprendere che il
cristianesimo condivide questo obiettivo e ci indica come, partendo da una
conoscenza profonda della natura umana con i suoi limiti e le sue potenzialità, è
possibile raggiungere la pienezza e la gioia. I carismi e i talenti sono i più vari ma il
comun denominatore dei cristiani maturi è la gioia (non esistono santi tristi !).
2. Approcci per raggiungere il traguardo
2.1 INTEGRARE FEDE E VITA.
La fede deve parlare alla vita. Durante il percorso impariamo a discernere
e ad individuare all’interno della nostra realtà affettiva e professionale
quei piccoli passi che ci consentono di trasformare sempre di più il nostro
quotidiano realizzando sempre più la gioia e la pienezza all’interno di esso
3. Un’arma fondamentale spesso carente: il carattere “ascetico” del
percorso
Viviamo una grande schizofrenia e falsità nella cultura contemporanea.
Nel campo sportivo e professionale la società ci dice che traguardi e
realizzazioni si raggiungono attraverso duro lavoro ed allenamento. Nel
campo spirituale ed affettivo ci viene invece suggerito il disimpegno e
l’affidarsi alla sensazione fuggente, quella che, girato l’angolo, ti lascia
4 Le conseguenze del traguardo parzialmente raggiunto (il desiderio di
condividere con altri il nostro tesoro)
Essere avanti in questo percorso vuol dire aver maturato il gusto di essere
“tessitori di relazioni” avere curiosità e desiderio di incontrare l’altro, di cogliere
neanche a formulare chiaramente la loro aspirazione alla pienezza; ii) altre persone sono
così distratte tra una soddisfazione effimera e l’altra da non avere bisogni e desideri
profondi. Questi ultimi scattano soltanto nei momenti di grande crisi in cui si percepisce il
nostro limite (crisi psicologiche, malattie). E’ un po’ come se gli automobilisti invece di
fare benzina periodicamente, finissero regolarmente a secco e poi girassero in cerca dei
benzinai a piedi con delle taniche di fortuna.
Appendice 2. I motivi dell’importanza e dell’urgenza dell’integrazione
i) avere maggiori opportunità di successo in tutte le iniziative realizzate nel campo
del sociale;
ii) creare quelle alleanze e reti oggi fondamentali per avere maggiore capacità di
penetrazione culturale nella nostra società (la missione culturale è oggi
assolutamente fondamentale perché nella società della comunicazione per la
maggioranza passiva della popolazione la verità è quella trasmessa dai mezzi di
comunicazione (vedasi il tema della sicurezza) ;
iii) avere capacità di attrazione verso chi si affaccia per la prima volta verso la
nostra realtà (siamo ancora presenti e visibili in un luogo concreto delle nostre
città ?);
iv) offrire un’esperienza di “universalità” ai membri delle nostre associazioni che
vada al di là della realtà vissuta nei piccoli gruppi (che resta sempre la base della
vita spirituale corrente delle associazioni e dei movimenti) ;
v) costruire degli ambienti nella quale sia possibile vivere più pienamente
l’esperienza della spiritualità ignaziana e maturare vocazioni laicali e religiose in
questo (e in altri) ambiti;
vi) rendere più facile la generazione di quelle “alchimie” positive che scattano nel
momento in cui in un gruppo o in una comunità esiste un numero minimo di
persone veramente appassionate e motivate;
vii) evitare l’enorme dispersione di energie di assistenti spirituali, formatori, guide
che dedicano molte energie al cammino di piccoli gruppi che possono rischiare
di scomparire non a causa di cattiva volontà ma per il semplice dinamismo delle
correnti centrifughe della nostra società che, attraverso mobilità e flessibilità del
lavoro, rischiano di allontanare le persone dalle loro città di origine;
viii) evitare che la possibilità di vivere un cammino spirituale comunitario (un
grande dono) per i membri delle associazioni e comunità dipenda troppo dal
carisma della singola guida e sia dunque esposta alla fragilità e al rischio di non
prosecuzione legato alle vicende di vita della guida stessa (trasferimento,
spostamento verso altre attività, ecc.);
ix) facilitare l’esperienza di fede attraverso l’imitazione: s’impara a vivere
cristianamente avendo davanti l’esempio di tante persone normali che nei loro
diversi ruoli di vita vivono la spiritualità ignaziana. Spesso nei piccoli gruppi
questo ventaglio di realtà ed esperienze è molto limitato. In una comunità più
vasta si verifica di persona che esistono modi di incarnare la fede nelle diverse
età e professioni
Appendice 3: gli atteggiamenti e lo stile necessari per costruire la comunità
Gli insegnamenti di S. Paolo primo grande coordinatore di comunità
L’Apostolo delle genti, primo grande coordintore di comunità ha detto tutto quanto a
visione complessiva della comunità (il corpo e le membra), problemi delle comunità
(lettera ai Galati), stile e cartina di tornasole della crescita comunitaria (inno alla carità)
A. 3.1 La visione
Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo
molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in
un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo
abbeverati a un solo Spirito. Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte
membra [..vedi le membra del corpo CVX-LMS..]. Se il piede dicesse: “Poiché io non sono
mano, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe più parte del corpo. E se
l’orecchio dicesse: “Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo”, non per questo
non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l’udito? Se
fosse tutto udito, dove l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto
nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?
Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano:
“Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra
del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo che
riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono
trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha
composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse
disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi se
un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le
membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua
parte. (1 Corinzi 3,4-8)
A3.2 I problemi
Quando uno dice: “Io sono di Paolo”, e un altro: “Io sono di Apollo”, non vi dimostrate
semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i
quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. Io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.
“Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria,
stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze,
orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie
non erediterà il Regno di Dio”), (Gal 5, 19).
A3.3 Le nostre resistenze
Un problema fondamentale, direi forse il più importante che ho riscontrato nei miei viaggi
per le comunità, è quello dell’istinto dei musicisti di voler restringere la comunità ai
suonatori del proprio strumento. E’ un istinto che dobbiamo sforzarci di combattere e di
vincere. Nasce probabilmente dalla nostra fatica ad accettare una qualità del nostro fratello
che non riusciamo a controllare o rispetto alla quale ci sentiamo secondi ed inadeguati. E’
come se il suonatore di trombone poiché sa suonare solo quello strumento volesse
un’orchestra di soli tromboni o un portiere di una squadra di calcio volesse una squadra di
tutti portieri perché lui non sa fare gol e non tollera molto quelli che lo sanno fare.
Dobbiamo imparare invece a contemplare il carisma del nostro membro di comunità, che ci
rende visibile il nostro limite, e imparare a contemplare la squadra capendo che una parte
dei suoi frutti sono anche merito nostro nella misura in cui abbiamo semplicemente
partecipato e contribuito a costruire la comunità dove il suo carisma è maturato.
Girando e conoscendo le varie realtà sono sempre più convinto che la CVX è un incubatore
di eccellenze che nascono dall’incontro delle attitudini dei singoli, la spiritualità ignaziana
e le scelte delle singole comunità.
In questa squadra di eccellenze chi si occupa di condomini solidali deve ammirare chi
lavora per i migranti, chi offre percorsi di spiritualità per famiglie chi si occupa di centri
d’ascolto e progetti d’inclusione degli ultimi e viceversa.
Non dobbiamo essere esaltatori del nostro strumento (voglio solo il trombone
altrimenti non si sente bene il rumore del mio strumento) ma costruttori dell’unità per
costruire una grande orchestra e suonare una grande sinfonia