INTERVISTA A P. VITTORIO LIBERTI SJ – A cura di Ermanno Dinacci

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alt  p. Vittorio con alcuni giovani della Cvx

 

Ermanno Dinacci, presidente della Cvx “Immacolata al Gesù Nuovo”, intervista p. Vittorio Liberti, da qualche mese Superiore della Comunità dei Gesuiti  e  Parroco del Gesù Nuovo


Intervistatore: Caro Padre Vittorio, tu sei stato nominato recentemente Parroco della Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli e Superiore della annessa Casa dei Padri Gesuiti. Se ricordo bene peraltro da giovane sei stato anche tu nella nostra CVX; allora si chiamava congregazione mariana. Se uno dei giovani della nostra CVX ti chiedesse cosa significa essere cristiano oggi a Napoli, cosa gli risponderesti ?

Padre Vittorio Liberti

Io mi collego alla visita pastorale  che Papa Benedetto XVI fece a Napoli nell’ottobre del 2007 e alla Sua omelia durante la Messa in piazza del Plebiscito. Quel giorno c’era il Vangelo della vedova importuna che va dal giudice più volte chiedendogli giustizia e il giudice solo per togliersela di torno le concede ciò che chiedeva. Il tema della parabola è la preghiera, anzi “la necessità di pregare sempre senza stancarsi”.  Ora da uomo profondo e intelligente qual è il Santo Padre disse che il messaggio del Vangelo sembrava a prima vista non troppo pertinente rispetto alla realtà sociale e ai tanti e gravi problemi che vive la nostra città. Tuttavia egli riprendeva tale esortazione a pregare sempre senza stancarsi mai, attualizzandola per la Chiesa di Napoli.

A un giovane che mi ponesse la tua domanda risponderei che per trasformare la realtà sociale in Regno di Dio è necessaria una fede forte, personale, profonda, perché la fede è la forza che in silenzio e senza clamori cambia il mondo e lo trasforma nel Regno di Dio. E la fede si alimenta con la preghiera. E quando la fede si colma di fiducia e d’amore per Dio, la preghiera si fa perseverante, insistente, diventa un gemito dello spirito che penetra il cuore di Dio.

La fede poi deve esprimersi  nella carità operosa, come dice anche San Paolo. Ma questo operare nella carità per il prossimo  richiede una fede profonda in Cristo e un radicarsi sempre più in lui, attraverso una preghiera intima, personale e non devozionale, rituale.

Ad un giovane chiederei prima di tutto che faccia una esperienza personale di Cristo e che la sua fede si personalizzi. Una fede che diventi personale, un affidarsi radicalmente a Gesù. Se questo non c’è, non può vivere questa carità operosa e affrontare, senza scoraggiarsi, i tanti e gravi problemi della nostra città.

 

 

I; Come è noto la Chiesa del Gesù Nuovo si trova proprio nel cuore del centro storico della nostra città ferita da disoccupazione, lavoro nero, sfruttamento degli immigrati, illegalità diffusa, spazzatura dovunque.. Cosa deve fare, secondo te, la Chiesa locale in questo contesto, per assolvere alla Sua missione ?

  

Padre Vittorio Liberti:

Oggi si corre un grosso rischio: quello di fare “ammuina”, molto chiasso, con molte iniziative in campo caritativo e per rendere più vivibile la nostra città.  Giovanni Paolo II quando venne a Napoli disse che occorreva “organizzare la speranza”. Ma dopo tanti anni  le cose non sono cambiate, anzi sono peggiorate. Perchè con tanti proclami, con tanti appelli a rimboccarsi le maniche per risolvere i problemi immani di questa città,  non si realizza il cambiamento sperato? Il motivo è che la nostra operosità non scaturisce da una fede solida e forte.

Diceva il professore Garelli in un suo libro “La forza della religione e la debolezza della fede” che soprattutto nel Sud Italia persiste una religiosità forte ma le fede in Cristo è debole. Le chiese e le cattedrali nel Sud sono spesso gremite. ma è una Chiesa celebrativa  e una religione consolatoria quella che appare. I Santi e la Madonna sono visti come elargitori di grazie e non come modelli da imitare. Si tratta di una religione ritualistica e celebrativa, -direi quasi magica-, che non è  orientata al bene comune, alla trasformazione della nostra società in Regno di Dio, Regno di giustizia, di amore, di verità e di pace.

Di fronte a realtà sociali così difficili occorre rafforzare la speranza che si fonda sulla fede e,  se non c’è una fede forte, sostanziosa, solida, che alimenta la speranza, non abbiamo la forza per  affrontare situazioni sociali così difficili.

Questo è il problema fondamentale della Chiesa di Napoli.

La religiosità popolare ha bisogno  di essere purificata, deve trasformarsi in fede profonda e personale in Cristo, se si vuole che la nostra attività diventi carità efficace. E’ debole la nostra fede e la nostra esperienza di Dio. Questo è il problema centrale.

Che immagine di cristianità abbiamo?Una bella celebrazione liturgica. Usciti dalle porte delle chiese  tutto questo non si traduce in comportamenti coerenti. C’è uno iato tra la bella celebrazione eucaristica e la vita quotidiana.


I; La illegalità diffusa è una piaga particolarmente dolorosa qui a Napoli, che avvelena la convivenza civile e impedisce uno sviluppo equilibrato dei rapporti sociali. Eppure, come dice Don Ciotti – fondatore della Associazione Libera – senza la giustizia sociale la legalità non può offrire risposte adeguate. Sei d’accordo ?

  

Padre Vittorio Liberti

La illegalità è il frutto della ingiustizia sociale, d’altra parte non vi può essere una maggiore giustizia sociale senza il rispetto delle leggi,

Senza una fede solida, che poi diventi speranza  teologale, speranza contro ogni speranza umana, non si possono cambiare e risolvere problemi così enormi. I giovani dovrebbero essere aiutati a personalizzare la loro fede in Gesù  ed essere educati ad una carità operosa fin da adolescenti, per esempio attraverso il volontariato in ambiti di povertà.


I: In tema di giustizia sociale e lotta alla povertà nel meridione, soprattutto negli ultimi anni, il contributo della intellettualità cattolica e in generale dei credenti laici è stato modesto e, a mio avviso, insufficiente . A cosa attribuire la carenza della analisi e del contributo critico dei laici cattolici?

 Padre Vittorio Liberti:

Il Prof. Savagnone al convegno celebrato a Napoli due anni fa a vent’anni dal documento della CEI  su “Chiesa italiana e mezzogiorno”, osservava che tale documento delineava i valori fondamentali presenti nel Mezzogiorno: etica del lavoro come sacrificio, la cultura dell’amicizia, il senso dell’istituto della famiglia, il gusto della diversità, una religiosità popolare sentita; lo stesso documento affermava tuttavia la necessità che questi valori fossero sottoposti a discernimento ed evangelizzati  in profondità.

Ma –aggiungeva il Savagnone- questi valori oggi sono  sviliti con l’irruzione della postmodernità: l’etica del lavoro come sacrificio è stata sostituita con il “posto di lavoro” e basta. Il valore della famiglia si è trasformato in  familismo. La religiosità popolare che la stessa  CEI diceva essere un valore del Mezzogiorno, oggi ha subito una deriva. Basti pensare al “fai da te” nell’ambito religioso, all’individualismo esasperato, che fa emergere gli elementi più pagani. La postmodernità ha causato una deriva della religiosità popolare, che è  preoccupante e vi sono anche sacerdoti che  talora cavalcano tutto questo, in mancanza di un progetto pastorale, che vada al centro del messaggio cristiano.

Tutto questo è ben visibile anche a Napoli.

Circa il contributo dei laici cattolici in tema di giustizia sociale e lotta alla povertà, un gesuita sociologo mi diceva tempo fa che la borghesia napoletana e l’intellettualità cattolica di questa città è ripiegata su se stessa, chiusa in se stessa  e  ha fatto poco in questi ultimi anni.

 

 

I:   Ritieni vi sia una subalternità del mondo cattolico alla cultura dominante del successo individuale? E  come si puà combattere questo diffuso conformismo ?

 Padre Vittorio Liberti:

L’arrivismo, il modello del ‘manager’ rampante, dell’individualismo esasperato è di certo presente anche nel mondo cattolico. Ma il cristiano è per definizione un uomo controcorrente. Vedo molti giovani promettenti e dotati, vittime di questa cultura dominante e vorrei dire loro ‘non conformatevi alla mentalità di questo mondo’, come dice S. Paolo.

Spesso anche nel lavoro pastorale i criteri sono molto mondani: ricerca del successo,  spettacolarità, efficientismo, ‘ammuina’, chiasso.


I :   Padre Vittorio, negli anni successivi al Concilio Vaticano Secondo vi era un fermento straordinario nella Chiesa; l’inquietudine della fede conduceva per sentieri nuovi i credenti. Oggi questi fermenti sembrano sopiti. Il mondo cattolico sembra ripiegato su se stesso, chiuso in tante realtà particolari, spesso pervaso da un pietismo compassionevole  francamente acritico. E’ proprio così? E come risveglliare le coscienze ?

Padre Vittorio Liberti:

E’  un tema che non può essere svolto in una semplice intervista.

A mio avviso due  punti cardine del Concilio erano “porre la Parola di Dio al centro della vita della Chiesa” e  l’ecclesiologia di comunione.

Oggi questi temi si sono affievoliti: vi è un  abbassamento del livello di ascolto e approfondimento della Parola; inoltre si parla molto di ecclesiologia di comunione senza però tradurla concretamente negli organismi di comunione come, ad esempio, il Consiglio presbiterale, il Consiglio Pastorale, ecc., e negli altri strumenti di partecipazione.  Anche se attualmente vi sono dei segnali di ripresa.


I :    Il rapporto con il mondo laico e il pensiero laicista è molto difficile. Eppure i problemi sociali, culturali e esistenziali sono comuni. Ritieni utile il confronto?  e, se sì, con quali strumenti e con  quale spirito?

  

Padre Vittorio Liberti:

Come sai, negli anni in cui sono stato Cappellano  della Università ‘La Sapienza’ di Roma, ho promosso nella Cappella della Università l’incontro di ‘Credenti e non credenti a dialogo’, coinvolgendo docenti di area cattolica e di area laica in una riflessione comune sulle ragioni del credere e del non credere, sul mistero del dolore, sulla ricerca della felicità, tutti temi fondamentali della esistenza  umana in rapporto alla fede. Le realtà del credente e del non credente non sono realtà distinte, esse si fondono spesso. Nel dialogo tra credenti e non credenti è possibile scoprire quanto sottile sia la linea di confine tra fede e incredulità e quanto questo confine passi attraverso il cuore degli uomini, credenti e non credenti.

Da questa esperienza ne è scaturito un libro; ’Sulla soglia del Tempio’ e il Cardinale Martini ne ne ha curato una prefazione assai interessante.

Il dialogo è non solo utile, ma indispensabile. Tuttavia, per essere proficuo, esso presuppone due elementi: una profonda onestà intellettuale nel confronto e ascolto non pregiudiziale delle ragioni dell’altro.

 

I;     Vuoi mandare un augurio ai giovani della nostra CVX ?

Padre Vittorio Liberti:

L’augurio è di comprendere intimamente il centro del messaggio evangelico: Dio ci ama e ha dato la vita per noi in Cristo Gesù.

Il secondo augurio è di amare gli altri con intelligenza. Un amore senza intelligenza è pericoloso e dannoso. Un amore senza intelligenza fa danni. L’amore vero e autentico richiede discernimento e intelligenza, deve essere criteriato. La parabola del buon samaritano è in questo emblematica: un amore intelligente, concreto, che parte da una profonda simpatia, universale, che non si annulla.

Il terzo augurio è di dare  molta importanza  allo studio e alla cultura. Non si possono affrontare i problemi della società senza una conoscenza attenta, competente e critica.

Il peccato dell’uomo nella maggior parte dei casi è più  stupidità che malizia!

Un ultimo augurio ed appello è disporsi ad una vera fede nel Signore e non in surrogati.

Occorre fare esperienza di Dio. Dunque disporsi all’incontro con Lui. Occorre rivalutare la figura di S. Tommaso Apostolo: vedere e toccare per credere. Sperimentare. Ne parlò in una omelia ai giovani anche Giovanni Paolo II.

Una esperienza di Dio non radicata in apparizioni, ma nella parola di Dio e nella lieta notizia, cioè  il Vangelo: “Dio ti ama e ha dato la vita per te”!

 

I: Grazie Padre Vittorio

 

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P. Vittorio durante la cerimonia della presentazione ufficiale come parroco del Gesù Nuovo riceve l’abbraccio del card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e l’abbraccio di tutta la Comunità parrocchiale e dell Opere della Residenza del Gesù Nuovo, tra le quali la nostra Cvx, il 16 novembre 2010, festa di San Giuseppe Moscati.

Le foto sono di Pasquale Salvio


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